Aforismi di agosto

Agosto 3rd, 2007

noia.jpg

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Non posso credere in Dio
visto che Dio non crede in me.

Aiutati che Dio non ti aiuta.

Pregare Dio è da maleducati.

In nome di Dio vanno aprendosi moderne macellerie.

Dio è momentaneamente impegnato
prova ad accedere nell’area fai da te
digitando www.diocenter.com

La strada di Dio, in fondo, rimane sempre la scorciatoia migliore.

Nelle domeniche di agosto
Dio angeli e santi vanno in ferie tutti assieme.

Non piove perché abbiamo un Dio ormai rinsecchito.

A Dio è rimasta solo la memoria breve.

Scegli Dio, zero scatti alla risposta.

Dio, però, viene dopo la penicillina.

Oggi Dio è molto insicuro.

Dio non ci salva mai, se non perchè è distratto.

Dio è invidioso.

Dio arriva a pesare venti chili.

Dio è affetto da cataratta.

Fare le cose come Dio comanda è una forma di depistaggio.

Dio fa molto vintage

Tema: La noia

Agosto 1st, 2007

banco

Starsene sdraiati sui gradoni roventi dell’anfiteatro della pineta, nuovo e inutilizzato con le erbacce già ben pasciute tra le fessure del cemento, starsene con il libro in mano delle vacanze: Opiè, il ragazzo serparo. Lui sì che aveva le idee chiare e il destino segnato: diventare serparo, la figura più importante del paese, ripercorrere la tradizione dei padri e dei nonni, imparare a catturare i serpenti per il Santo trascinato per le strade una volta l’anno, nero e imponente avvolto dai rettili nella processione più pagana e dionisiaca mai vista.
Starsene gettati sul quel cemento ardente con la sola compagnia degli insetti e con il libro aperto sulla stessa pagina che non va avanti.
Una noia spessa e pesante, che cala dall’alto, un nulla che ti cancella i pensieri e poi te li ripresenta in una circolarità inconcludente che ti riporta sempre sullo stesso centro vuoto. Tutti gli scenari della vita che verrà si presentano davanti agli occhi e poi si vanno ad imbucare nellla cosmica pigrizia della noia che li nullifica tutti. Il surplace era uno stato di sospensione dentro una vita attiva, dentro il gioco, un’accumulatore per una successiva sfrenatezza, qui invece tutto è passivo e inerte e ti sembra di sfiorare la morte, di provocarla, quasi di desiderarla.
Fai l’orecchio al libro, la stessa pagina 22, un bianco camposanto di caratteri tipografici sbiaditi dal sole disseminato di zanzare e mosche spiaccicate, visto che alla morte tua cominci a preferire quella degli altri, tombe di formiche che hai schiacciato con il dito scrutandone l’agonia – soffre la formica? – una macchia più grande che ha fatto sparire intere frasi prodotta dalla morte di una zecca cieca e sorda che ha sbagliato bersaglio ed è caduta sul libro, richiuso e poi aperto per verificarne la fine. Così si è negoziato con la noia. Torni nella tua palazzina, Ornella, Ambra, Vanna, non ti degneranno di uno sguardo, Rosita non la vedrai più. Quest’anno non andrai neppure dagli zii e l’odore delle donne ti è precluso, è morta zia Adelaide e la casa per almeno un anno si è richiusa su se stessa, forse stanno anche digiunando. Comincio a desiderare la riapertura della scuola e quando la Signora D’Amico, scartando lentamente l’ennesima caramella alla menta che gusterà giosamente insieme alla mia interrogazione, mi chiederà come ho passato l’estate e se ho letto il libro delle vacanze io le risponderò dicendo tutta la verità che non le ho mai detto.
« No Professoressa, il libro Paravia non l’ho letto, non lo so come va a finire la storia.
Però vorrei mostrarle pagina 22. Sembra una carta geografica o una carta militare, ma su questa pagina c’è tutta la mia estate. Vede queste macchioline piccole marroncino? Sono tutte le formiche che ho ucciso.
E queste striature che attraversano la pagina che sembrano fatte da un pennino? Sono mosche, si sono trascinate per qualche centimetro depositando le loro viscere sanguinolente. Lei è stupìta, lo vedo, dalla macchia grande che coinvolge anche la pagina 21 e che ricorda le macchie di Rorschac. È una zecca, che ho schiacciato usando il libro come trappola.
Ho fatto delle ricerche in proposito. La zecca è priva di occhi e sente la sua preda solo attraverso l’olfatto. Il segnale che lo spinge all’attacco è l’acido butirrico che io emanavo abbondantemente quest’estate dai miei follicoli sebacei. Questo essere sordo e cieco sente il calore dei mammiferi ed io quel giorno ero accaldatissimo. Quando la zecca si è lasciata cadere da una foglia che era sopra la mia testa si è trovata a gustare non il mio bel sangue caldo ma, per errore cartesiano, la pagina del libro, precisamente la pagina 22. Immediatamente ho chiuso il libro seppellendoci la zecca.
Cara Professoressa la mia estate è stata l’estate della noia, vede come ho speso il mio tempo? Vede che carneficina ho fatto? Non ho studiato e non ho imparato niente. Ma lei, comprensiva e buona, da sottoterra o da sopra la terra non so dove ora si trova, mi concederà qualche mia considerazione personale. Tutta questa noia mi è stata utile per capire la mia irrilevanza in questo mondo, il male che ho fatto a queste povere creature, ma da questo fondo funebre ho mosso qualche passettino. Lei vede meglio di me come oggi si rifugge dalla noia, guai ai ragazzi che si annoiano, bisogna riempire tutto il tempo con attività nevrotiche che madri ansiose programmano al centesimo. Guai a lasciarli soli con se stessi nell’esperienza della noia.
È grazie alla noia invece che io mi sono un po’ ascoltato e conosciuto».

(dal catalogo “Trasalimenti”)

Deputato cattolico

Luglio 31st, 2007

suonatore

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«Ma lei, quella notte aveva assunto cocaina?»
«Io la coca non l’ho vista, magari se l’ho presa l’ho fatto senza vederla, la ragazza mi aveva bendato, sa, un gioco.»
«Ha fatto del sesso?»
«Se ho fatto del sesso non l’ho visto, non ricordo bene.»
«Ma le ragazze erano due o una sola?»
«Forse due, non ricordo, sa io queste cose non le faccio mai, è stata un’avventurina estiva, cosa vuole.»
«Con quali soldi ha pagato la coca, le ragazze e l’Hotel?»
«Cosa vuole dire, non capisco.»
«Lei è un parlamentare, ha pagato con lo stipendio che le passa il cittadino contribuente?»
«Mi scusi, ma lei è un tantino moralista.»
«E lei un tantino sporcaccino, o no?»
«Guardi lo fanno tutti, almeno io sono onesto e lo dico, dovrebbero premiarmi per questo.»
«In famiglia che dicono?»
«Passo loro diecimila euri al mese, vorrei vedere.»
«Pensa di dimettersi?»
«Dal partito sì, da parlamentare no, sa la pensione, con tutta la fatica che ho fatto per arrivare.»
«Per arrivare dove, in Hotel?»
«Lei non può capire cosa ho dovuto ingoiare io per uno scranno.»
«Coca?»
«Adesso però lei esagera.»
«Ultima domanda, ha fatto sesso orale?»
«Io non l’ho visto.»

Il mostro

Luglio 30th, 2007

spiaggia

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Il mostro ha circa sette-otto anni e indossa un bikini rosa. Mentre parla al cellulare passa in rassegna tutte le posture e i movimenti degli adulti: cammina formando un piccolo cerchio, fa una sosta e smuove la sabbia e qualche sassolino con il suo piedino smaltato, fissa un punto lontano o ti guarda vacuamente come tu fossi una sdraio, rotea su se stessa come davanti allo specchio, giocherella pensosa con una ciocca dei suoi capelli biondi. Quando il mostro conclude la telefonata resta immobile a fissare il suo apparecchio, digitando qualche tasto o leggere messaggi. Poi il robot torna annoiato sotto l’ombrellone rispondendo no a tutte le proposte alimentari che mamma mostro elenca. Si rannicchia nella sua seggiola e scivola nel “risparmio energia”. Squilla il cellulare con una musica allucinante ed il robot esce dallo stand by: «Milly? No, sto con mia madre, che palle, non ha ancora capito che faccio la settimana della frutta, ti richiamo dopo il bagno, oppure chiama tu che mi ricarichi, ciao ciao, ricordati, a mezzogiorno ci vediamo al 16».

L’estate

Luglio 28th, 2007

oietre

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Guido abitava in una delle strade più eleganti ed enigmatiche della città gioiosa. Le case, non più di tre piani, erano arretrate rispetto alla strada, con gli ingressi resi più umbratili da palme nane, magnolie e pini marittimi che ne raddoppiavano la sequenza presente per tutto il viale. Qui abitavano esseri plasmati con altre sostanze biologiche e con movenze da semidei.
Oltre i bassi muretti vedevi a terra un paio di pattini a rotelle lasciati in fretta per entrare in un nuovo capitolo della vita giocosa, una coppia di biciclette di sesso diverso stremate da infaticabili pedalate che si sfiorano piantate sui loro cavalletti, i primi motorini lucidi e gialli, un telo da mare, caduto forse dal primo terrazzo, striato di blu e azzurro che se anche lo compri uguale sai che non potrai mai comprare tutte le storie che quel telo contiene; poi la sabbia del mare che avverti tra le fessure delle piatte e serene lastre di pietra degli ombrosi cortili, la sabbia di quella stagione, di quel mare a due passi, a est, proprio dietro la casa di Guido. Lo invidiavo per questi odori estivi che queste case conservavano restituendole ai corpi, la salsedine forte che ti rimane addosso la sera sotto il golfino blu. Lo invidiavo perché lui aveva accarezzato, prima di me, prima della sua follia, la peluria bionda di una pelle abbronzata ed era felicemente immerso in questo mondo di geometrie perfette.

Aforismi estivi

Luglio 27th, 2007

giostra

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Le donne non ti lasciano mai lo spazio dopo una virgola.

L’errore brucia di più a chi pensa.

La tua città è il luogo del risentimento.

Il mondo è abbastanza vasto per starsene tranquillamente fermi.

Le magre diventeranno dei cessi
le grasse angeli
le bionde calve
la cellulite ci ecciterà
gli assessori spariranno

Le puttane di lusso sono come i topi:
lasciano la nave dei mariti ricchi quando questa affonda.

Le minorenni non esistono più.
Restano però i pedofili.

Il culo della donna ha fatto sparire la testa.

In vacanza si muore prima.

Partorire a Rimini è di moda.

I becchini chiedono di essere pagati in “nero”.

L’estate, in genere, tutto è più atroce.

I turisti vanno e vengono,
le depressioni vengono e ci rimangono.

Il vero potere consiste nel viaggiare in autostrada
mantenendo trenta metri di distanza di sicurezza.

Si spera che chi guida a folle velocità
sia donatore di organi.

Le sabbiature sono nuove forme di sepoltura.

In estate le badanti si sentono insicure.

Le persone indecise purtroppo decidono anche per te.

Il caldo e le pensioni

Luglio 26th, 2007

carretto

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Gli anziani, prima o poi, muoiono, com’è naturale. Ma il caldo di questi giorni accellera i decessi e forse qualche cinico al governo, o all’INPS, si frega le mani, sperando nella “soluzione francese”, come nell’estate del 2003.
Quando gli anziani muoiono, a causa del caldo, pare non ci siano responsabilità, non ci siano colpe; forse la colpa è la loro che si ostinano a vivere da anziani. Morire da solo non puoi, per paradosso sei condannato a vivere a soffrire e a far soffrire chi ti è vicino e di testamento biologico da queste parti neanche a parlarne. Ma chi è l’anziano? Io, tu.
In una società che ha riproposto ferocemente le classi (i belli e giovani, i bambini e i minori, i grassi e i magri, le bionde e le more) gli anziani sono il sottoproletariato, al cui interno ci sono quei “fortunati” che vengono gettati a corpo morto sulle famiglie, sui figli, quasi sempre le figlie. Se abbiamo un ministro per la famiglia è perchè le istituzioni e lo Stato si disinteressano degli anziani in quanto ci pensa la famiglia, il motore economico italiano, che assorbe tutto. La famiglia è sacra, a destra, al centro, a sinistra.
La morte è tabù, siamo proiettati verso l’immortalità e l’eterna bellezza (il nuovo razzismo nazista e la nuova razza ariana), di conseguenza l’anziano è presenza laterale e fastidiosa.
Io, tu, saremo prima o poi fastidiosi.
Con la morte dell’anziano ci guadagnano l’INPS i becchini e il bilancio comunale.

Vita

Luglio 24th, 2007

le vite

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Le nostre vite sono appese a paroline scalini scaloni tesoretto o alle zuffe estive nel pollaio accaldato del governo esterefatti osserviamo i nostri destini le nostre vite quei pochi gradini dell’esistenza ancora da consumare o quelli ancora tutti intonsi di chi si accinge a salire rigettato indietro con sadici scherzetti tutto messo in gioco da queste personcine così banali così trite e conformiste magnaccia della storia mangiapaneatradimento papponi della vita vera personcine stronzettine venute su da feroci “revanchismi” sociali e deliri di onnipotenza coltivati sin da giovinetti in umide periferiche lontanissime dadaiste e nebbiose sezioni di partito o canoniche o sagrestie in odore di innominabili cose e cosette sacrificando sesso piaceri divertimento arte cultura e che ora frugano nella nostra più intima vita privata persino sul nostro biologico dettando legge su cose a loro sconosciute persino la cultura financo la poesia ma suggerite all’orecchio da ineffabili esperti assoldati perchè le personcine in questione nulla sanno della nuda vita ci ritroviamo incastrati dalla mascella della “mamma la Turco!” o da un due per cento di voto degli italiani qui ma come all’estero che ci ricatta o da un ministro dei trasporti serafico fighetto grigione classico barba laconico io la so lunga mezza età chi lo conosce che si preoccupa più di autotrasporto e palloncini per i test dell’alcol che dell’inferno del viaggiare in questo paese che ti assilla con la mobilità ed il dinamismo ma con tre ore di ritardo le morti in autostrada l’annuncio medievale delle tre corsie e poi l’uno ruba il mestiere all’altro e annuncia iniziative allarmistiche che furbescamente non costano nulla ma vanno nella loro tv che non guarda più nessuno se non la parte arcaica ma loro giocano per la stagione e loro poi non sudano mai altra razza con i cravattoni e la giacca geneticamente non modificabili si fanno intervistare sotto il martello del sole e il faretto telegenetico e neanche una goccetta di sudore altra pasta corporea mostri davvero di un governo il più sanzionatorio e prescrittivo e procedurale e ansiogeno e falsamente moralista con la verità in tasca anzi nello zainetto che io tu noi voi si ricordi.

Luoghi

Luglio 23rd, 2007

toscana

C’è una parte della Toscana meno nota, una campagna che sino a trent’anni fa era molto depressa e povera, andandosi a spopolare spingendo contadini e artigiani a trovare lavoro al Nord e oltr’alpe, lasciando disabitati caseggiati di pietra oggi ancora in buono stato e restaurate con semplicità, lasciandovi l’impronta trecentesca e quattrocentesca. Ci sono piccole mandrie ordinate che pascolano beatamente, magre e sane, puoi andare a cavallo se vuoi e se ti va di nuotare c’è la piscina, boschi fitti per passeggiare, lunghi sentieri tra i campi di foraggio per correre, querce e faggi secolari per riposarti all’ombra; a due chilometri c’è il paese e la sera, se ne hai voglia, puoi andare a berti qualcosa in un bar-pizzeria sotto i faggi, un posto tranquillo frequentato dai locali e con pochi turisti, qui puoi chiedere un Jack Daniel’s liscio e te lo porteranno sempre con ghiaccio e non puoi farci niente; ci puoi venire a piedi o in bicicletta se ti piacciono le salite; se non ti va di mangiar sempre fuori la cucina è grande e attrezzata, con un bel tavolo al centro con le sue sei sedie impagliate, una credenza del Cinquanta con dentro tutto quello che ti serve per cucinare.
Puoi farti una pasta crudaiola con i pomodori freschi tagliati a pezzettini insieme alla mozzarella, un po’ d’olio d’oliva e qualche foglia di basilico.
Puoi mettere lì sul tavolo, coperto con un tovagliolo, un bel pezzo di formaggio di fossa che ti vai a tagliare quando ti viene voglia e lo mandi giù con qualche sorsata di rosso ma, niente di speciale, niente di fenomenale, un vino normale, non siamo nel patinato e americano Chianti.
Qui tutto è più antico ma nessuno te lo fa pesare.
Se non vuoi far nulla questo posto è l’ideale per non far nulla, cominci a oziare ma poi raccogli qualche mela e pera caduti dall’albero e li ordini sul ripiano di pietra sotto l’ulivo davanti la casa, poi decidi di dare un poco di acqua alle rose assetate che si appoggiano sul muro di pietra dell’ingresso o scardini il vecchio portellone della legnaia decidendo di dargli una riassettata, vai in Paese a comprare stucco, vernice, carta smeriglia, spatola, ti metti a lavorare; l’ozio diventa lavoro senza che tu te ne accorga e ti ritrovi a ripetere i gesti di qualche tuo antenato.
La tua camera da letto e la stanza all’ingresso con il grande camino sono esposte ad ovest; puoi svegliarti e lavorare al fresco. Al mattino, guardando verso Firenze, puoi capire come andrà la giornata, se il brutto non viene da lì la pioggia gira sui paesi vicini lasciandoti all’asciutto.
Quando passeggerai nel bosco, con il caldo che ogni anno aumenta incredibilmente, sarai attaccato dagli insetti, guardati dal tafano, la mosca cavallina, che potrebbe rovinare la tua pelle e sicuramente resterai affascinato dagli incredibili progetti di ragnatele che velano il bosco chiedendoti anche tu se per caso questa bava cristallina dei ragni non sia eccessiva, sproporzionata allo scopo, come se questi animaletti fossero impazziti cercando di segnalarci qualcosa.
La notte, le stelle ed i grilli sono tutti per te e c’è tanto fresco che potresti sentire persino freddo in agosto mentre altrove si frigge.
La casa si trova su di un magnifico poggeto che si scopre da un vialetto che, almeno inizialmente, pare introdurti nella densa boscaglia.
Ad un’ora di auto puoi visitare luoghi sacri, ove sassi e pietre sono animate da energie positive, puoi toccare o sdraiarti sul giaciglio di pietra di Francesco, ti ci puoi strofinare se vuoi, assimilando nel corpo tutto il buono di questo grande Santo.
La pietra per Lui si è fatta casa corporea salvandolo dagli attacchi forsennati del Demonio che lo spingeva nel precipizio. La dura pietra si è come aperta, come svuotata, modellandosi al corpo di Francesco, sigillandolo e salvandolo dal male aggressivo del demoniaco.
Potresti accorgerti che l’inanimato ha anima e discernimento.

Il gobbo di Bartolini e il mongoloide di De Dominicis

Luglio 20th, 2007

il gobbo

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Si torna sempre volentieri al Museo Poldi Pezzoli, in via Manzoni a Milano, in quelle mattine di ozio aborrito dai milanesi non più lombardi, vissuto clandestinamente o appena mascherato dalla solita capatina da Armani, tanto per rinfrescarsi, uscendone con la bella sportina con un libro dentro che ci salva dall’identità pericolosa del turista, per giunta non-giapponese.
Quando Alberto Savinio visita questo museo, consigliatogli da un amico in quanto “museo degli orrori”, di stranezze e stramberie, si accorge subito che questa galleria privata è tra i più bei musei d’Europa.
Dopo sessantaquattro anni mi trovo anch’io qui, per l’ennesima volta, davanti alla scultura di Lorenzo Bartolini, la “Fiducia in Dio”, commissionatagli dalla madre del fondatore di questo museo, Rosa Trivulzio, vedova Poldi.
Di fronte a questa perfezione scultorea, che per Savinio arriva fino alla soglia della banalità ma non la supera, mi torna alla mente un’immagine opposta (ma lo scultore non sarebbe d’accordo sull’uso di questo termine): il gobbo e la sua ben nota storia.
Nel 1839 Lorenzo Bartolini viene nominato Maestro di scultura presso la fiorentina Accademia di Belle Arti in un clima di ostilità accademica che il suo comportamento, i suoi metodi di insegnamento, le sue posizioni politiche e religiose, oltre naturalmente al suo bel caratterino, trasformano molto presto in guerra aperta accompagnata da pericolose rappresaglie.
Come spesso accade, in tanti artisti di valore, l’avversione e l’odio aperto non fanno che alimentare il furore polemico mentre fama e creatività non possono che guadagnarci.
Tra veneri e apolli Bartolini pose nella Sala del nudo, quale modello per gli allievi, un gobbo. Questo gesto memorabile viene in genere menzionato come la “lezione del 1840” (Mario Tinti).
Bartolini dovette compiacersi molto del gesto, e delle furibonde reazioni del mondo accademico che ne seguirono, tanto che fece eseguire ad un suo allievo, il Giavazzi, un “logo”, un simbolo araldico in bassorilievo, e successivamente un sigillo, che l’artista utilizzava per le sue lettere.
Il gobbo barbuto, nudo, con il capo coperto da un elmo guerriero, strangola il serpente accademico con la testa d’asino, mentre l’altra mano brandisce uno specchio, simbolo della verità della natura.
Bartolini voleva il ricordo dell’impresa un po’ ovunque, anche nel suo giardino, e lo fece riprodurre in forma di stele con una dicitura e la sua grafia: Lezione del 1840: Tutta la natura è bella – Relativa al soggetto da trattarsi – E chi sa copiare – Tutto saprà fare. – L. Bartolini – Statuario.
Le teste asinine, che urlano allo scandalo e fanno fruttare l’arte, le ritroviamo in compagnia di un altro artista, che effettua un gesto simile a quello di Lorenzo Bartolini 132 anni dopo, Gino de Domincis.
Nella Biennale di Venezia del 1972 (Arte e Comportamento) l’artista espone un mongoloide in carne ed ossa (oggi più “correttamente” diremmo down).
Tradizione e continuità dell’arte coesistono insieme alla reattività asinina, pur sempre la stessa, nonostante i secoli.