Fellini a Fellinia

Novembre 12th, 2007

bambino-marchetti.jpg

Ogni anno, a Fellinia, qualcosa s’ha da fare per il nostro illustre concittadino Federico Fellini. Quest’anno convegno internazionale sul “Libro dei miei sogni” del Maestro. Erano tre libroni neri chiusi in un un armadio ma ne restano solo due, il terzo pare perso o rubato in un trasloco e comunque su tale misteriosa scomparsa c’è da lavorare per la Fondazione. Naturalmente, trattandosi di trascrizioni grafico-letterarie di sogni, gli psicoanalisti, o l’approccio psicoanalitico, pare abbiano avuto la meglio, salvo poi essere elegantemente e saggiamente opacizzati da Ermanno Olmi nel suo intervento conclusivo, in occasione del premio Fellini a lui insignito quest’anno.
Il regista si è augurato di non sognare per un po’ di tempo e di lasciar perdere l’interpretazione dei sogni di Fellini.
Malauguratamente per lui il trapassato maestro, in un allegro disegnino di molti anni fa, auspica che Olmi giri un film ispirato al contenuto onirico espresso dal disegno-raccontino.
Il premio, dunque, assume il valore di un “ricattino” ad Olmi che aveva già deciso di chiudere con il cinema, anche perchè lo sogna, sì, ma nell’aspetto ormai di un vero incubo.
Il morto potrebbe quasi perseguitarlo, visitandolo la notte, sino a quando non girerà il film ingiuntogli sia prima che dopo il trapasso.
Jaqueline Risset acuta, leggera, affascinante come sempre, Boatto interessante ma era stanco, Lodoli, che ci piace poco quando lo leggiamo su “La Repubblica”, è stato abile e divertente circa le “bugie” del maestro. Lodoli ha “veramente”, lo avevamo dimenticato, il phyisique du rôle dell’intellettuale di sinistra-professore-scrittore romano, è perfetto, persino con giacca di velluto stazzonata giusta. Va protetto. È bravo.
Pupi Avati, con il cronometro incorporato, arriva tre minuti prima del finale di Olmi per consegnare il premio; poi apoteotico finale di partita serale, in allegria internazionale.
Per il resto un Vittorio Boarini-Groucho Marx ansiosamente saltellante qua e là come un ciambellano.
Saluti da Fellinia.

Il premier ombra

Novembre 8th, 2007

porta-salento-80.jpg

.

La morte della povera signora Giovanna Reggiani, uccisa da un giovane balordo rumeno a Roma, ha rovinato la perenne autopresentazione multimediale del sindaco della città, Veltroni-Capiscioni, premier ombra e leader acclamato del Partito Democratico.
Il suo PowerPoint interrotto, il suo Keynote rovinato, il suo giocattolo compromesso. Lo scrittore-sindaco-premier-ombra ha fatto pressioni sul governo circa il decreto relativo a sicurezza ed espulsioni , ha “schivato”, o cercato di “spostare” per quanto possibile un problema che, per molti versi, riguarda il governo della capitale e quindi “anche” e “soprattutto” Lui. Lui, in questi anni, impegnato tra festivals, progetti editoriali e incontri con attori intervallati da una prepostfazione qua e là, non ha mai visto nulla sotto i ponti o i cavalcavia della sua città. Era altrove.
Il Veltronismo è Altrovismo.
Ma la sfida “democratica” è proprio quella della “differenza” da chi non è democratico. Il democratico progetta, pensa, previene, non usa lo stomaco o l’emotività di fronte all’evento rimangiandosi le sue meravigliose videoproiezioni di massa (perché è invidioso di Al Gore) con i suoi santini di fondazione (di se stesso).
Lo schermo si è bucato anche per Lui (il Lui è anche critico cinematografico e doppiatore), la nuda vita, italiana, lo ha colto alle spalle e di conseguenza “schivando” mette in affanno il governo mettendo in scena, in verità, prove tecniche di un futuro (ma Lui scalpita) premier. Premier di cosa? Ma di tutto, DEL TUTTO.
Vi ricorda qualcuno?

Biografie

Novembre 5th, 2007

marchetti-lucignolo.jpg

.

Oggi si scrivono molte biografie ove si proiettano il glamour, il successo, la dimensione vincente, sul passato. Ci sono autori che salgono sulla macchina del film “Ritorno al futuro”. Il presente illumina la ricerca di certi “storici” che non essendo in grado di scovare luci nascoste nel passato, o non avendo dimestichezza con archivi e biblioteche, si accontentano di lavorare sul sicuro, sia nei contenuti dei loro libri che sulle eventuali vendite degli stessi. Non sono propriamente cacciatori o costruttori di miti, non ne hanno forse la capacità, ma una volta individuato un personaggio sul quale si sono sedimentate certezze e consenso ci scrivono su. Naturalmente da queste biografie spesso impariamo ben poco, a parte una retrodatazione di gossip che vorrebbe dimostrare l’appartenenza ad un certo entourage o élite globale che restringe il mondo ad una manciata di nomi e di luoghi comuni.
Sono giornalisti, in genere, a gettarsi in queste avventure biografiche-letterarie , redditizie per loro e i loro editori ma impoverenti per molti di noi.
Sono biografie politicamente corrette o con un brivido scandalistico studiato a tavolino.

Citazione autunnale

Novembre 1st, 2007

marchetti-museo-romano.jpg

.

Non si illumina senza bruciare. Questo è vero per l’arte che, a un certo grado di intensità, consuma l’essere come una passione, ed è vero per l’esistenza umana, dove non vi è autentico splendore se non a prezzo di un’usura più o meno lenta e nascosta, dovuta al fiammeggiare del desiderio, all’impeto del cuore o alla tensione dello spirito.

André Chastel

.

marchetti-museo-romano-cortile.jpg

Breve trattato sui nonni

Ottobre 28th, 2007

marchetti-finestra-toscana.jpg

.

La nonna e il nonno, soprattutto se presi separatamente, hanno una relazione affettiva con i piccoli nipoti che si distacca molto dalla loro precedente esperienza di “genitori”.
Si può tranquillamente affermare che i nonni, nella maggior parte dei casi, sono meno manipolatori, meno ansiosi, meno nevrotici e più disponibili dei genitori.
Il loro è un rapporto di “distanza”, è quel tipo di relazione partecipativa di genere “esotico”, nel senso che rispetta e conosce l’altro (il nipote in questo caso) in quanto entità diversa (a parte proiezioni sostitutive e perverse).
Occorre un passaggio generazionale affinché ci si liberi dal meccanismo alimentare, nutrizionale, educativo, preservativo, tutelativo, colpevolizzante, giustificatorio, spossante, frustrante, narcisistico, e tutto il resto che sappiamo, per lasciare infine quello che conta: la relazione.
I nonni, alleggeriti dalle incombenze quotidiane, si muovono (o dovrebbero) in uno spazio leggero, e danno il meglio di sé.
Anche se sono stati pessimi genitori possono diventare splendidi nonni.
Lo sguardo dei nonni è uno sguardo distante.
Ciò che mette in gioco la relazione tra un nonno, o una nonna, con il bambino è il tempo, e la sua “tesaurizzazione”.
Per essere buoni genitori occorre essere nonni.
È pur vero che oggi molti nonni devono accollarsi incombenze “sostitutive” dei genitori, loro figli, ma se lo fanno sbagliano: dovrebbero rifiutarsi.
I nonni che fanno questo continuano ad essere genitori pur essendo nonni e non faranno bene né l’una né l’altra cosa. Così com’è vero che, in linea femminile, il duo mamma-nonna può produrre esiti nefasti in quanto i ruoli non sono ben definiti e spesso contengono conflitti irrisolti. Se poi il figlio-nipote è maschio si vengono ad aggiungere complicazioni varie.
Tale disegno sommario e schematico ha valore relativo in quanto deve tener conto dei caratteri, delle variabili geo-etnico-politiche, delle geometrie più o meno armoniose delle famiglie, e soprattutto delle dinamiche determinate dalle frequenti separazioni e divorzi che rimescolano continuamente le carte.
Ma anche in questo caso, i nonni, possono essere punti di riferimento “stabili” ed “equilibrati”, ammesso che abbiano raggiunto tali gradi in età ormai “molto” adulta. In definitiva in nonni andrebbero elogiati ed esaltati, ed aiutati se, come accade spesso, si ritrovano ad esserlo in condizioni psicologiche di impreparazione.
Spesso, sentirsi nonni, è uno scacco temporale relativo alla propria esistenza. Non è così. In realtà potrebbe essere una dimensione “esotica”, mai vissuta con i propri figli.
I nonni dovrebbero vivere un “doppio” distacco: quello dai propri figli, necessario, e quello dai propri nipoti, naturale.
Ma parole come necessario e naturale si allontanano sempre più dai nostri orizzonti.
Bisogna tener conto del fatto che così come le madri tendono a mimetizzarsi con le figlie e i figli, proponendosi come amiche o sorelle, anche nel look, anche le nonne e i nonni progressivamente, assaporando l’immortalità offerta dalla tecnica e dalla medicina, tenderanno a liquefarsi interiormente e a proporsi sullo stesso piano orizzontale di figli e nipoti (insomma non mollano).
In questo caso potremmo sperare nei bisnonni, e tentare di applicare questa spericolata e sgangherata teoria-trattato a loro, nel caso volessero accettarla, altrimenti non sapremmo proprio perché l’abbiamo enunciata.

Alighiero e Boetti

Ottobre 26th, 2007

alighiero-e-boetti-marchetti.jpg

.

Alighiero ha sempre rappresentato, per me, il sistema logico applicato al fare artistico, il senso di finito ed infinito, la cornice e l’illimitato, la crescita e lo zero, il vuoto e la proliferazione ossessiva, il concetto che si fa vertigine, il numero che si dissemina nei reticoli celebrali, il visibile ultravisibile, il gioco matematico, l’intelligenza dell’infanzia. Boetti ha rappresentato invece il lato sfuggente, continuamente in fuga, impermanente, instabile, opaco, il passo rapido di chi va via e non di chi viene, la volubilità insensata, il lavoro incompiuto, la seduzione oppressa dalla durata, la porta socchiusa, la soglia, la luce tagliente, radente.
Oppure Alighiero è stato la poesia, la sensibilità per le materie sia naturali che inerti, sia viventi che inorganiche, la poesia della matita, mentre Boetti era la distanza neutra dalle cose, cose “ononime”, delega del lavoro come accentuazione del distacco soggettivo, linguaggio ripetitivo, la penna a sfera blu.
Alighiero è il soggetto onnipresente e Boetti la sua cancellazione (narcisistica), Alighiero è Torino, mentre Boetti è Roma, o forse l’opposto, Alighiero è il mare dell’alto Tirreno e Boetti la terra o il deserto dell’Africa o del Medio Oriente, Alighiero è la carta Fabriano e Boetti la carta chimica delle Xerox, Alighiero è raccoglitore di oggetti per sé mentre Boetti li raccoglie per firmarli, Alighiero è per il tempo da perdere e Boetti per prenderlo, Alighiero è per Boetti mentre Boetti è contro Alighiero, o il contrario, Ali-ghiero è l’esotico mentre Boetti sta bene fermo nel suo studio, Alighiero sta immobile e Boetti viaggia o, accordandosi qualche volta, si scambiano i ruoli.

Antonio Marchetti ©

Una sosta in libreria

Ottobre 25th, 2007

de-stael.jpg

boetti.jpg

van-gogh.jpg

tafuri.jpg

Come si comincia?

Ottobre 24th, 2007

marchetti-finestra-a-roma.jpg

.

Un giorno lontano, dalla stanza dell’italianissimo zio, presi un libro, un bel tomo di quelle collane ben rilegate e dai titoli importanti che servivano più che altro a fare arredamento e che lui probabilmente non aveva mai letto.
Li vedevo sempre quei libri quando andavo a prelevare di nascosto qualche 45 giri, ed ora decisi, un pò svogliatamente, di prenderne uno. Mi distesi sul letto della nonna e iniziai questa lettura. Via via che le pagine scorrevano mi accorsi della cosa incredibile che mi era capitata tra le mani.
Dovete sapere che sin da bambino sono stato un fanatico ammiratore di Vincent Van Gogh e rimasi fulminato dalle pagine dell’Enciclopedia dei Ragazzi dedicate all’arte ed in particolare dalle riproduzioni della Vigna rossa, del Campo di grano con corvi e dalla “Stanza”.
Passavo ore a copiare e a tracciare sul foglio quei vertiginosi trattini e le assurde spirali dei cieli stellati fino a farmi cadere gli occhi. Ed ora cosa stavo leggendo? Nientemeno che la vita romanzata del pittore rosso, del fou rouge, dell’eroe del Borinage, del più povero di Montmartre, del malato di Saint-Rémy, del suicidio più grandioso della storia: Brama di vivere di Irving Stone.
Non storcete il naso e non mi toccate per favore Irving Stone, uno specialista di queste storie, o Kirk Douglas che interpretava Vincent nel film di Minnelli.
Nella linea in cui mi trovavo questi idoli non si discutono, farlo oggi sarebbe sin troppo facile e un pò ipocrita e poi non ha molta importanza da dove si comincia a leggere perché poi gli itinerari diventano imprevedibili.
Rimasi folgorato da questa casualità e dal fatto che quel libro era sempre stato là, a portata di mano. Conclusi che c’era il tocco del destino e che il libro mi aveva cercato.
Da lì, visto che Gauguin era ben rappresentato, divorai La luna e sei soldi di Somerset Maugham (più tardi vidi anche il film) poi la storia di quel nano puttaniere raccontata in Moulin Rouge, Toulouse-Lautrec.
Sono ancora in grado di commuovermi quando recentemente ho rivisto l’episodio di Sogni di Kurosawa dedicato a Vincent.
Ma la cosa veramente incredibile di questo episodio, che delimita inevitabilmente il mio trancio di vita, sta nel fatto che io passai dal pomeriggio all’oscurità in uno stato di trance dentro quel libro come se avessi dimenticato il tempo e le poppe di Manola. I nuovi campi, arricchiti dalla pineta nella nuova casa ove eravamo andati ad abitare, continuavano a chiamarmi con gli schiamazzi dei compagni, qualcuno venne a cercarmi suonando al citofono ma feci finta di niente.
Quando accesi la luce a conclusione del lungo tramonto mi accorsi che stavo leggendo quasi al buio ed un’altra atmosfera circondava il libro, quella luce elettrica che cambia il nostro leggere e segna il definitivo abbandono dei campi e dei giochi di strada. La linea d’ombra era varcata.

Il nostro futuro

Ottobre 22nd, 2007

marchetti-finestra-treno.jpg

.

Il Professor Minghetti osserva melanconicamente il prototipo, il paradigma vivente, l’assioma fattasi persona: lui/lei, che se ne sta pigramente in attesa di entrare nella seconda ora, nella terza.
Più cinico del solito il Professore guarda quella carne impassibile e inerte, aggrappata al cellulare, immaginando che un giorno uno scultore ubriaco abbia iniziato ad appallottolare della carne macinata per tentare di abbozzare un essere umano, cascante da tutte le parti e piegato sotto il peso di uno zaino pieno di sassi e mattoni.
Il/la giovane non ce la fa ad arrivare puntuale a scuola, è più forte di lui/lei. Fa molte assenze, non studia e ha già il debito in tre materie. Ma meno c’è, meno studia, e più si parla di lui/lei nei consigli di classe, l’assente è il più presente nei discorsi. Lui/lei fa lavorare di più tutta la scuola. Per lui/lei sono attivati corsi di recupero, sportelli didattici e persino consigli di classe straordinari. Lui/lei è un caso difficile sul quale bisogna investire tempo e denaro, migliaia di euri per i corsi e gli sportellini e poi allestire gli esami-test a settembre. Per lui/lei abbiamo sottoscritto i livelli minimi di apprendimento per consentirgli di farcela, di andare avanti, in una specie di accanimento terapeutico.
Nella maggior parte dei casi i debiti non vengono pagati e i soldi spesi non verranno restituiti, in qualche forma, alla collettività. Investiamo su di lui/lei perché è il nostro futuro, migliorerà il nostro livello culturale, darà un contributo futuro alla ricerca scientifica, parteciperà alla nostra crescita economica, ci farà sentire orgogliosi di essere italiani. Per questo investiamo le risorse economiche della scuola su di lui e non certo per eventuali borse di studio o per finanziare ricerca.

La Confartisti (di questo o di quel territorio)

Ottobre 18th, 2007

.

marchetti-portone-romano.jpg

.

Dove vanno tutti questi artisti che si propongono in forme collettive, in forme associative o sottospecie di sindacati, che girano per mostre dai titoli più assurdi mobilitandosi come un blocco sociale-sociologico?
Quali obiettivi si prefiggono in queste forme consortili che in definitiva annullano l’individualità e la soggettività dacché l’artista, per sua natura, dovrebbe aborrire il noi ed annunciare il semplice me?
Il noi, le voci del mondo, sono già inscritte nel gesto individuale dell’opera e allora che senso hanno queste consociazioni artistiche (venti, trenta, quaranta nomi per volta), la Confartisti che “occupa” piuttosto che “abitare” creativamente gli spazi?
È solo la risposta ansiosa all’angoscia dell’”esserci”, che si maschera dietro un falso concetto di “pluralità”, se non retorica “molteplicità“– ove dentro serpeggiano lunghi coltelli – o ad un desiderio da narcisismo “secondario”?
Non cova sotto-sotto quella falsa idea egualitaria del tutti insieme, del volare basso, quale minimo comun denominatore nella piattezza senza differenza od eccellenza, che caratterizza la nostra cultura?
Cretini specializzati, semianalfabeti professionali, furbetti ed “ominicchi”, raccomandati e mafiosetti si tuffano dentro questo magma numerico che spaccia in giro un’idea equivoca di arte, creando opacità in una realtà già assai affannata di suo a capire il contemporaneo.
Assessorati, pro-loco, sagre e fiere accolgono questo nulla sperperando soldi in inutili cataloghi dimenticati il giorno dopo pieni di parole annoiate ripetute da vent’anni intorno al gioco sterile dell’arte “nel nostro territorio” e di “tutti i territori” e dei borghi d’Italia. Una montagna di soldi e risorse umane per soddisfare i piccoli narcisismi della Confartisti.
Sono sommerso di inviti a mostre che nemmeno cento vite mi permetterebbero di andare a vedere. Ma se ciascuno, di quei quaranta artisti porta almeno un parente o un amico, o un solo augurale collezionista, saranno ottanta, forse cento, e all’inaugurazione, si dirà, è stato un successo. Di successo in successo… fate voi.
Forse non ci viene comunicato un invito a vedere ma solo che qualcuno c’è, che disperatamente lotta contro lo sprofondamento in quell’anonimato inaccettabile che il nostro sistema mediatico produce, inevitabilmente, nella forma di scorie.
In definitiva, molte di queste esposizioni d’arte collettive sono l’espressione di scorie del sistema (dell’arte).
Io ricordo mostre epocali e di svolta, anche in culo al mondo, ove eravamo a visitarla in venti, non vuol dire…
Immaginiamo invece una favola. In questa favola c’è un mago, un abile barman che con il suo shaker mescola: imponderabile, vite clandestine, nuda vita, talento, fortuna, luoghi, incontri, viaggi, mogli, sfiga, genialità, sesso, amanti, carattere, durata, tarocchi, storia, soldi, assenza, tentato suicidio, depressione e narcisismo primario. Tutte cose che a tavolino non potrete mai programmare.
A questo punto il mago ti serve il suo drink e tu devi essere pronto ad accoglierlo, berlo tutto di un fiato, ed è solo per te.
Ma, sei pronto?
Ti accorgerai che non sei poi tanto artista come credevi di essere.