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Il giardino riminese nasconde un piccolo cimitero di animali. Io ricordo, avendo partecipato alla sepoltura, solo gli ultimi vent’anni, da quando vivo qui. Si parla di gatti e cani, che dio li abbia in gloria. Un posto particolare è occupato dal cane di nome Nero, defunto quasi 15 anni fa, di media taglia, un “bastardo” da caccia nero come carbone che andava a rubare carne e trippa al mercato, rischiando spesso di rimanere chiuso nelle celle frigorifere dei macellai poste nel retro. Raccolto per strada, zoppo, posseduto da una fame atavica impossibile da soddisfare, tornava con pezzi di trippa enormi, che trascinava sporcandola. Gran ladro. Ci si ingozzava sino a rimanerci stecchito, con lo stomaco che poteva rovesciarsi. Il suo motto pare fosse: mangiare sino alla morte. Azzannava torte nella pasticceria sotto casa nell’attimo in cui il furgone delle consegne aveva il portello aperto. Che tempistica! Testardo, gran cacciatore di piccioni che azzannava e che portava in trofeo alla sua padrona sin dentro i negozi, questo cane ha meritato un mio haiku inciso in una targhettina di ottone poggiata su un frammento di capitello reduce dal bombardamento e dai terremoti:
Estate
Calura
Sbadiglio del cane
Intorno foglie di acanto, una pianta che è lì da sempre, come testimoniano le foto domestiche sin dagli inizi del secolo scorso.
Una pianta perfetta per piccole tombe nascoste. Si tratta in questo caso di acanthus mollis. Purtroppo quel frammento di capitello non appartiene all’ordine corinzio, che qui sarebbe stato perfetto. Come ci ricorda Joseph Rykwert quest’ordine racchiude lo schema: la fanciulla, la morte, l’offerta sulla tomba, il monumento, l’acanto, la primavera, la ri-nascita. Ma la chiave è l’acanto.
Nel cimitero “diffuso” tanti gatti. Ne vorrei ricordare qualcuno: Maggi, un gatto con le zampe posteriori lunghissime e che saltava e correva come una lepre; Guercino, con un solo occhio e che ha vissuto quasi sempre in casa e il giardino lo guardava con distacco dall’uscio di casa; Mattio, il gatto letterario; Martino, bianco e bello come Gandalf; Topazio, tutto nero appena conosciuto e subito morto, e tanti… tanti altri…
E così, gli ultimi Titani, consigliavano nei tempi bui il “passaggio al bosco”, mentre in piccolo c’è chi cerca oggi di passare al giardino.
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