I barbari della buona fede

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L’insegnante di matematica mi dice che valuta l’arte seguendo le proprie “sensazioni”. “Vedi Antonio – mi dice –  tu certo non te l’aspettavi da una insegnante di matematica, da me, tutta razionale, questo abbandono alle pure sensazioni, ma vedi io l’arte la comprendo così”.

Reputo questi enunciati catastrofici. Provate a rovesciarli sulla matematica (sulle matematiche, direi). È pur vero che negli anni si sono prodotte fratture e distanze tra scienza e arte ma ciò, dobbiamo riconoscerlo, é anche il frutto velenoso dell’ignoranza, dei luoghi comuni, e della pigrizia intellettuale. Razionalità/irrazionalità; una disgiunzione puramente inventata da menti semplici. Evidentemente la questione non sarebbe così “drammatica” se fosse oggetto di un dibattito al bar. Purtroppo questo povero luogo comune va per la maggiore. Siamo in grado di discettare sulle relazioni interculturali, pronti ad accogliere diversità etnico-religiose, attiviamo progetti di accoglienza delle diversità di cui siamo orgogliosi, eppure sulla nostra cultura, sulla nostra esperienza dell’arte (e della scienza) in Occidente – in definitiva ciò che siamo ed eravamo – abbiamo da offrire solo luoghi comuni: la “sensazione”. Accogliamo l’altro ma siamo deboli con noi stessi.

Provate ad immaginare una Storia dell’Arte metodologicamente fondata sulle “sensazioni”. Purtroppo, tale presunzione di comprensione dell’arte, in assenza di sistemi logici, storici, razionali, andrà ad alimentare l’equivoco circa la “facilità” dell’arte (che oggi va per la maggiore e che un certo “sistema” dell’arte alimenta), e della sua conoscenza.

Storia dell’arte. Difficile, perché é Storia prima di tutto, concatenazione di fatti locali e globali, perennemmente sottoposti a studi e verifiche; è un rimettere in gioco metodi e ricerca. “Il bello é difficile”, ricordava Baudelaire.

Arte, mondo inestricabile di biografie avventure esperienze e nuda vita.

Se esiste oggi una materia  di studio precaria ed attaccata da tutte le parti é proprio la Storia dell’Arte.

Gli insegnamenti di materie artistiche e “laboratoriali” (parola che non mi piace), non hanno l’obbligo, purtroppo, di mostrare l’avventura dell’arte, della sua storia. Sono legati al “fare”, alla “tecnica”. Ma cos’é oggi il “fare” artistico, cos’é la “tecnica” slegata dalla Storia?

L’istruzione artistica oggi é un mondo autistico autoappagante, mortifero,  completamente distaccato dal mondo reale. Penso anche alle Accademie naturalmente.

Ci si affida alla scelta individuale del docente, che oscilla tra la competenza (la conoscenza e la sensibilità verso il contemporaneo) e la chiusura attraverso quell’incomprensione, esibita come fosse un valore, con quel “non capisco”, che invece di essere rivolto verso se stessi – provandone un filo di vergogna che poi potrebbe aprirsi alla curiosità e alla crescita – viene brandito come un vessillo piantato nella terra conquistata dai nuovi barbari dell’ignoranza “intelligente”, con  quel linguaggio autoconsolatorio e “formativo” della mia amica “matematica”.

La buona fede continua  a commettere delitti silenziosi…

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