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Era inevitabile, e quasi scontato, che il naufragio all’isola del Giglio diventasse un paradigma della crisi europea, ed in particolare dell’Italia.
I giornalisti, sempre più lontani dai fatti e con vocazioni letterarie, ci hanno restituito le parole del mare e riattualizzato le grandi epopee dei Conrad, Stevenson, Melville. È mancata, fortunatamente, la “Zattera della Medusa”, la cui metafora ci avrebbe fatto precipitare nel puro “bios” animale. Sono i modi in cui si “schiva” il mare, il mare europeo. Il Mediterraneo rappresenta oggi la grande rimozione europea. Siamo in un’Europa di terra. Bollettini di morte per raggiungere una riva fatale ci informano di ciò che accade nel nostro mare. Da anni è così. La nostra “fortuna”, la ricchezza del mare, sono come oscurati.
Per quanto ci riguarda, anche la vita comunitaria di terra mostra ormai lo “stivale” (come chiamava l’Italia il mio maestro) allo stremo, incapace di reagire ad emergenze naturali come la neve ed il gelo. L’Italia di Flaiano è ancora tutta qui. Per non parlare di quella di Corrado Alvaro. Il fatto è che da quasi due decenni l’italiano è affetto da sconnessione psichica. Si è sconvolti dalle notizie che in questi giorni passeggeri di treni siano rimasti “sequestrati” per ore, bloccati al gelo, fermi in campagne oscure e sconosciute come nel film “Il dottor Zivago”. Eppure, sino all’altro ieri, quando si viaggiava tra Rimini e Milano o verso Roma, in treni iperpubblicizzati, e si facevano notare i disagi (riscaldamenti inefficienti, aria condizionata da gelo, toilettes sporche o chiuse, ritardi notevoli sempre qualche minuto prima di un parziale rimborso, la scomparsa progressiva dei treni locali…) venivamo guardati come alieni. Non stava bene protestare, tutto andava bene. I passeggeri erano seduti come tante sculture “pop”a leggere tutti lo stesso libro di Oriana Fallaci, di Bruno Vespa o, appena meglio, di Terzani trasformato in guru. Quando i segni dello sfacelo erano chiari ed evidenti non stava bene protestare, indignarsi e denunciare la truffa di Trenitalia: il tuo vicino ti guardava come se tu fossi venuto da altro mondo. L’italiano-bambino si adegua facilmente ai facili retaggi che gli consente di “esserci”. Uomo plastico. Poi, evidentemente, ci si indigna tutti insieme, si fa un “movimento” che, naturalmente, parte dalla “rete”. Ma la posizione “individuale”, del cittadino che “sente” prima della catastrofe, che si fa sismografo e che legge i segni del presente in queste latitudini non vale nulla. La parola cittadino poi è scarsamente usata; si preferisce popolo, gente, consumatore, utente, elettore, popolo del web.
A tutto ciò si aggiunge una italianità rattrappita e pigra (vedi anche: http://www.variosondamestesso.com/2011/10/03/passeggiando-tra-rovine/) che reagisce agli eventi sconnessamente.
Mi viene in mente qualcosa nei primi anni Novanta del secolo scorso. Si tratta di una immagine. Ragazzi e ragazze di allora per un certo periodo amavano coprire la metà delle mani con le maniche del golf. Non so se era una moda ma notavo che dalle maniche dei maglioncini uscivano solo le dita e se per caso, o per qualche movimento del braccio, la mano risultava completamente nuda, subito i ragazzi si affrettavano a coprirla.
Ricordo queste ditine che apparivano anche quando faceva caldo, che sembravano dirci: sono fragile, ho freddo, sono debole, ho dei problemi, non ce la faccio… E gli adulti li accolsero commossi. Quello fu il momento fatale.