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A Rimini si affastellano tantissime iniziative culturali e questo “tantissime” sta ad indicare una città viva e ricca di curiosità intellettuali, ma allo stesso tempo anche una mancanza di concertazione, di regia, di armonizzazione, di caratterizzazione delle alterità , cosicchè non si fa differenza tra la divulgazione di basso livello dalle altezze e raffinatezze per palati fini. Inevitabilmente, i delusi, abitano in entrambe le parti. A questo si aggiunge la vocazione cittadina ad una cultura di massa, derivata dal turismo consumistico ove la quantità fa la qualità . Una di queste altezze cittadine l’ho ritrovata ier sera al Liceo Musicale Lettimi, in via Cairoli; uno spazio che è sempre un piacere visitare. Attraversando i lunghi corridoi con le travature a vista, accompagnato dai suoni degli strumenti degli ultimi studenti che si attardavano allo studio, sono arrivato nella saletta ove Lorella Barlaan teneva una conferenza sul tema “Etica ed erotica del lettore”, nell’ambito dell’iniziativa “Biblioterapia”. Le parole della Barlaan erano intervallate dalla lettura, svolta da un attore, di brani scelti: Wladimir Nabokov, Virginia Wolf, Paul Celan… Una narrazione testuale efficace. L’intervento della Barlaan, molto denso, mi ha fatto pensare molto, soprattutto per gli autori citati. Riappare Roland Barthes, oggi un po’ dimenticato e sgualcito, ma che merita di essere riacciuffato. Per la mia generazione è stato importante. Poi mi è venuto in mente ciò che Hemingway pensava degli italiani: una metà scrive libri mentre l’altra è analfabeta. Si può desumere che chi scrive è anche colui che legge, e che chi legge scrive, in una relazione di tipo sociologico e per certi versi autoreferenziale, e ci si chiede chi sono i lettori, dov’è il lettore puro. Anche Barthes in fondo dichiarava di aver cominciato a scrivere perchè si accorgeva di non trovare scritto ciò che lo interessava. Chi legge, scrive, in qualche modo. Lo si può dire? Non saprei.
La comunità dei lettori – ed il termine comunità è improprio perchè la lettura si fa in solitudine, con una voce interiore e ciascuno ha la sua – è, o dovrebbe, essere silenziosa. La lettura è un diletto, che si custodisce con pudore, non va esibito ed esaltato e non può diventare terapia. Terapia è parola opposta a diletto o piacere. Troverei bizzarro chi, sottoponendosi ad una terapia, provi diletto e piacere da essa.
Il vero lettore, l’autentico lettore, è il “dilettante”. Naturalmente ci sono forme “dilettantistiche” (il contrario di “dilettantesco”) di alto livello, come in Savinio o Flaiano o Carmelo Bene. Ciò che mi accomunava alle parole della Barlaan e al suo labirinto citazionista (come in Borges, ove la carta geografica sostituisce il mondo), e alla passione per lo studio ove non ci si ferma mai, è la dimensione dell’autodidatta, del dilettante. Io sono come lei. Eroi dilettanti ed autodidatti, che “ogni volta” devono dimostrare il loro essere al mondo. Da lettori, leggeri, quotidiani. Senza terapie.