Lavoro. Il distaccato e il coinvolto.

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antonio marchetti milano

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Ma cosè la globalizzazione? Lo spostamento della relazione lavoro- imprenditore in quella schiavo- padrone?

Questo è il Dopo Cristo di Marchionne? La globalizzazione dei mercati azzera le differenze tra democrazie e dittature? La democrazia e i diritti delle persone sono diventati skandalon nel mercato globale?

“Chi sta alla catena sa di cosa si parla”, dice un operaio di Pomigliano.

Le depressioni di chi lavora e quelle di chi non lavora si pongono su pianeti distanti.

Il lavoro è emancipazione, dignità, realizzazione personale, socialità e crescita culturale, autonomia e relazione continua. Anche quando ci si lamenta del lavoro possiamo parlarne, socializzare la lagna.

Il non lavoro è regressione nell’universo individuale (o familiare per chi ha famiglia), frustrazione, vergogna a volte, isolamento. Il tempo sembra fermarsi. Perdere il lavoro significa perdere un mondo, il mondo tra gli uomini. Perderlo ad una età matura significa vedere infranti progetti ed aspettative, e trovarsi inaspettatamente nella povertà. Da anni ascoltiamo la retorica sui  senza lavoro e sulla “gente che non arriva alla fine del mese”. La ascoltiamo da chi non ha questi problemi. L’altra voce, infatti, usa linguaggi non più riconosciuti dalla comunità, il linguaggio della nuda vita, e dunque accantonati.

Mi viene in mente un vecchio e bel libro di Norbert Elias, “Coinvolgimento e distacco”.

Viviamo il mondo con queste due modalità. Oggi il distacco appartiene al lavoro e a chi possiede una “vita activa”, e alla conseguente distanza con la quale si osserva chi il lavoro non ce l’ha o lo ha perso.

Il coinvolgimento appartiene a chi è “dentro” la situazione, dentro la crisi, VIVE la perdita.

È un orizzonte limitato dal bisogno, spazio stretto nella necessità, povero di connessioni critiche proprio perchè non connesso, estromesso, oggi più che mai.

Tra queste due modalità si è interrotta la comunicazione. Mentre per il distacco lo spazio si è ampliato a dismisura (grazie ai media e ai social network), al coinvolgimento è rimasto uno spazio che viene relegato sotto le etichette “avete sempre torto”, “avete un punto di vista sbagliato”, “il mondo è cambiato”, “la globalizzazione…”, “siete Prima di Cristo” (bizzarra questa temporalità del capitalismo  fondata su una  “rivelazione” evangelica) e via dicendo. Il punto di vista del coinvolgimento quasi coincide con la linea di terra;  mentre nella prospettiva del distacco il punto di vista è aereo e sintetico. Le due visioni possono, nelle vicissitudini della vita, scambiarsi di posto. Se questo non accade, e non è augurabile almeno in un senso, potremmo fare lo sforzo di immedesimarci ora nell’uno ora nell’altro. Almeno noi, distaccati e occupati , disincatati e distanti anche se coinvolti!

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