.
.
Ma cosè la globalizzazione? Lo spostamento della relazione lavoro- imprenditore in quella schiavo- padrone?
Questo è il Dopo Cristo di Marchionne? La globalizzazione dei mercati azzera le differenze tra democrazie e dittature? La democrazia e i diritti delle persone sono diventati skandalon nel mercato globale?
“Chi sta alla catena sa di cosa si parla”, dice un operaio di Pomigliano.
–
Le depressioni di chi lavora e quelle di chi non lavora si pongono su pianeti distanti.
Il lavoro è emancipazione, dignità , realizzazione personale, socialità e crescita culturale, autonomia e relazione continua. Anche quando ci si lamenta del lavoro possiamo parlarne, socializzare la lagna.
Il non lavoro è regressione nell’universo individuale (o familiare per chi ha famiglia), frustrazione, vergogna a volte, isolamento. Il tempo sembra fermarsi. Perdere il lavoro significa perdere un mondo, il mondo tra gli uomini. Perderlo ad una età matura significa vedere infranti progetti ed aspettative, e trovarsi inaspettatamente nella povertà . Da anni ascoltiamo la retorica sui senza lavoro e sulla “gente che non arriva alla fine del mese”. La ascoltiamo da chi non ha questi problemi. L’altra voce, infatti, usa linguaggi non più riconosciuti dalla comunità , il linguaggio della nuda vita, e dunque accantonati.
Mi viene in mente un vecchio e bel libro di Norbert Elias, “Coinvolgimento e distacco”.
Viviamo il mondo con queste due modalità . Oggi il distacco appartiene al lavoro e a chi possiede una “vita activa”, e alla conseguente distanza con la quale si osserva chi il lavoro non ce l’ha o lo ha perso.
Il coinvolgimento appartiene a chi è “dentro” la situazione, dentro la crisi, VIVE la perdita.
È un orizzonte limitato dal bisogno, spazio stretto nella necessità , povero di connessioni critiche proprio perchè non connesso, estromesso, oggi più che mai.
Tra queste due modalità si è interrotta la comunicazione. Mentre per il distacco lo spazio si è ampliato a dismisura (grazie ai media e ai social network), al coinvolgimento è rimasto uno spazio che viene relegato sotto le etichette “avete sempre torto”, “avete un punto di vista sbagliato”, “il mondo è cambiato”, “la globalizzazione…”, “siete Prima di Cristo” (bizzarra questa temporalità del capitalismo  fondata su una  “rivelazione” evangelica) e via dicendo. Il punto di vista del coinvolgimento quasi coincide con la linea di terra;  mentre nella prospettiva del distacco il punto di vista è aereo e sintetico. Le due visioni possono, nelle vicissitudini della vita, scambiarsi di posto. Se questo non accade, e non è augurabile almeno in un senso, potremmo fare lo sforzo di immedesimarci ora nell’uno ora nell’altro. Almeno noi, distaccati e occupati , disincatati e distanti anche se coinvolti!