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I denti con intercapedini e plinti acciaiosi si trasformeranno in utili ancoraggi per una faccia che tende al retrattile ed alla catastrofe.
Il pene d’acciaio, incuneato nel mutabile e capriccioso cavernicolo verticale, infiammerà muscolatura tessuti e derma che imploderanno, raccogliendosi a brandelli scomparenti e liofilizzati su un cilindro priapico-metallico smussato.
L’uso nei decenni di rialzature di calzari fatte realizzare in centri di ricerca specializzati ma parcellizzati –  per sopperire ad una autopsicomenomazione – comprometterà la spina dorsale che tenderà ad una compensazione curva, una cifosi devastante che va a pescare subdolamente nell’anamnesi ancestrale del paziente la cui retrostoria presenterà aporie e tempi vuoti; cifosi probabilmente acutizzata anche dall’attuale progressiva lesione autoprodotta delle vie cerebrellari.
Il rachitismo negli arti inferiori, già visibile in età adulta, troverà aggiuntiva tragica evoluzione in gambette non più in grado di sostenere un peso corporeo, fuori baricentro, che aumenta di settimana in settimana.
L’immagine di insieme è di un vecchio deforme, una deformità accompagnata da un dispositivo tecnologico di sostituzione che renderà la deformità particolarmente mostruosa nel suo perverso confine con l’uomo macchina, l’uomo robot, l’uomo bionico.
Allora, forse, quando il mostro apparirà esibendo la sua morte anche tecnologica (almeno così accade per ora), gli inattuali di ieri saranno i contemporanei di domani.