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Eugenio Scalfari, lucido come sempre, sul quotidiano La Repubblica del 12 settembre svolge la sua analisi sul vaffanculo day e sul “grillismo†o i “grillantiâ€, analisi che condividiamo. Manca però l’individuazione di quali potrebbero essere i “luoghiâ€, i “momentiâ€, per esercitare la propria partecipazione alle scelte politiche e far sentire la propria presenza, al di là delle scadenze elettorali.
Sullo stesso quotidiano, 14 settembre, Ilvo Diamanti è, come al solito, molto più attento e le conclusioni del suo articolo sono folgoranti: I leader del PD e della sinistra, per questo, oggi si muovono incerti. Fra due percorsi altrettanto insidiosi. Perché quando attaccano il V-day, quando deprecano, con parole sprezzanti, la cosiddetta “antipoliticaâ€, se la prendono, direttamente, con la loro base. I politici che definiscono il V-day la risposta al vuoto della politica si autoritraggono, il vuoto sono proprio loro. Questa la sintesi finale di Diamanti.
Infine il ministro D’Alema. Lui ritiene che le centinaia di migliaia di firmatari del vaff-day siano l’espressione solo di un malessere, senza proposte politiche.
Ecco dunque un nuovo politico antipolitico inconsapevole, D’Alema, il più raffinato, algido, freddo e saputo dei politici.
D’Alema-Saputone, il gemello diverso di Veltroni-Capiscioni, non vuole farsi carico del “malessere†per elaborare una strategia che dia risposte politiche, come si diceva e a volte si faceva una volta ma, vacanziero, pretende che siano i cittadini ad elaborare progetti. In tal modo lui, antipolitico che ha altro da fare, può svolgere attività istituzionali di tutto riposo con compensi generosi. Ci tocca lavorare per lui.
Se io dico: D’Alema è indifferente al “malessere†perché è impegnato a “veleggiare†dico una cosa che può apparire qualunquista, di un qualunquismo probabilmente di destra, che rinfaccia una barca ad un politico; è una frase populistica, certo.
Una volta esisteva la “maggioranza silenziosaâ€, che pensava questo ma non lo diceva; le censure ideologiche forse non lo permettevano.
Rinfacciare un lusso ad un politico non è una “moda†ma è un modo per segnalare che non esiste più un rapporto di reciprocità tra il politico (come categoria oltre che come persona) e noi, tra te rappresentante e il resto che ti ha delegato. L’unica relazione che il politico ha con il mondo è lo specchio, che gli restituisce la sua immagine. D’Alema è un nuovo Narciso, e non tra i peggiori. Mancando la reciprocità tu hai privilegi che non ti riconosco più perché il tuo privilegio è uno schiaffo alla mia fatica e al mio mestiere di vivere (in deroga alla disciplina comune legislativa o consuetudinaria come viene definito dal dizionario De Mauro).
Dibatti di sanità pubblica ma ti curi all’estero, difendi l’istruzione delle scuole italiane ma i tuoi figli li mandi altrove, sei preoccupato per i giovani che hanno difficoltà per avere una casa, un luogo dove vivere, ma intanto compri a prezzi stracciati utilizzando tutti i privilegi danneggiando coloro che ti hanno votato, non solo lo fai per te ma anche per la tua generazione a venire, fai il bacchettone e il moralista ma vai con le puttane di lusso in alberghi di lusso e ti fai delle belle sniffate mistiche che poi non ricordi. Ai grandi si perdona tutto se hanno soddisfatto la relazione tra il sé e gli altri. Le vite private delle persone vere non interessano più di tanto se la loro dimensione pubblica è utile ed efficace. Anzi alcune biografie “scabroseâ€, soprattutto se postume, non scalfiscono l’immagine pubblica ma addirittura la accrescono.
Ma tu persona piccola, meschina, bugiarda, ipocrita, e soprattutto non reciproca nella relazione-opposizione politica/società , ti meriti l’antipolitica e la critica malevola che sfiora il qualunquismo, nella speranza che centinaia di migliaia di abitanti di internet ti seppelisca e ti cancelli. Qui siamo di bocca buona, siamo di mondo, non si tratta di moralismo, ma di etica comportamentale che solo un antipolitico odierno può comprendere. Tu, politico, non puoi. Per il resto a me Grillo non piace molto ma lo leggo e lo trovo interessante. Scelgo, separo, prendo il meglio, tralascio le esagerazioni spettacolari, e così via. Di te invece non mi piace proprio niente.
In un suo intervento su Repubblica di mercoledì 12 settembre, Eugenio Scalfari si è preso la briga di avventurarsi in improbabili comparazioni tra il fenomeno del “grillismo”, come lui lo chiama, e due tendenze storiche dell’anarchismo, l’anarco-individualismo (ma forse intendeva l’individualismo anarchico) e l’anarco-sindacalismo.
Noi sappiamo bene che Scalfari non è né ignorante né sprovveduto, quindi non possiamo fare altro che prendere atto della sua deliberata intenzione di attaccare l’anarchismo, come pensiero filosofico e movimento politico, svilendolo e rinchiudendolo nei soliti e qualunquisti cliché. Scalfari fa riferimento all’anarchismo definendolo “virus”, “valvola di sfogo” fino alla prevedibile accusa di anacronismo. La premessa, inconsistente come la conclusione che ne deriva, è che in Italia «c’è una lunga tradizione di “tribuni” e capi-popolo, un germe che ha messo radici da secoli e che rimane una latenza costante nell'”humus” anarcoide e individualista della nostra gente».
Questo attacco al pensiero anarchico è piuttosto fuori luogo non solo nel merito delle considerazioni avanzate, ma soprattutto perché viene usato nell’economia di un’argomentazione rivolta contro Beppe Grillo e il suo V-Day con i quali gli anarchici non hanno proprio nulla a che fare.
Scalfari saprà senz’altro che l’anarchismo è portatore di una visione e di una pratica rivoluzionaria antigerarchica, che rifugge ogni leaderismo, che disprezza i capipopolo e i tribuni, e che si fonda sulla piena assunzione di responsabilità dell’individuo. Una responsabilità che non è né autoreferenziale né ostile al senso di comunità , ma che mira solidalmente alla trasformazione radicale della società in vista della piena uguaglianza e della piena libertà per tutti. Non per fare un mondo senza regole o in preda a invasioni barbariche, ma per realizzare un mondo in cui le regole emergano dal basso e siano scelte e condivise da tutti per il bene di tutti. Scalfari certamente non condividerà né apprezzerà il messaggio etico e politico dell’anarchismo, ed è liberissimo di farlo, ma usare le idee libertarie come termine di paragone negativo per assimilarle al V-Day ci pare davvero strumentale. Non c’è nulla di anarchico o libertario nel V-Day, e ciò è evidente nell’orizzonte parlamentarista, istituzionale e legalista in cui questa mobilitazione si è consumata (una proposta di legge che – nelle intenzioni dei promotori – dovrebbe servire né più né meno a migliorare e rendere più efficiente la democrazia rappresentativa), e nella dinamica spiccatamente leaderistica che la caratterizza. Da anarchici non possiamo che apprezzare l’insofferenza popolare per il potere o le storture della democrazia, ma questa insofferenza di per sé non può definirsi automaticamente anarchica se non si carica di un progetto e di una volontà rivoluzionaria di cambiamento al di fuori di ogni istituzione e contro ogni gerarchia.
I compagni della Federazione Anarchica Italiana di Palermo e Trapani
giustiziaeliberta@interfree.it
15/09/2007