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Il mostro ha circa sette-otto anni e indossa un bikini rosa. Mentre parla al cellulare passa in rassegna tutte le posture e i movimenti degli adulti: cammina formando un piccolo cerchio, fa una sosta e smuove la sabbia e qualche sassolino con il suo piedino smaltato, fissa un punto lontano o ti guarda vacuamente come tu fossi una sdraio, rotea su se stessa come davanti allo specchio, giocherella pensosa con una ciocca dei suoi capelli biondi. Quando il mostro conclude la telefonata resta immobile a fissare il suo apparecchio, digitando qualche tasto o leggere messaggi. Poi il robot torna annoiato sotto l’ombrellone rispondendo no a tutte le proposte alimentari che mamma mostro elenca. Si rannicchia nella sua seggiola e scivola nel “risparmio energiaâ€. Squilla il cellulare con una musica allucinante ed il robot esce dallo stand by: «Milly? No, sto con mia madre, che palle, non ha ancora capito che faccio la settimana della frutta, ti richiamo dopo il bagno, oppure chiama tu che mi ricarichi, ciao ciao, ricordati, a mezzogiorno ci vediamo al 16».
Seguo sempre i suoi scritti. Qualche volta volevo commentare ma il tempo mi sta sfuggendo in modo inconsueto.
Questo quadretto del ‘mostro’ mi ha pero’ molto colpito e qualcosa vorrei dire.
Povera infanzia e povera adolescenza. Vuoti. Annoiati. Io non mi annoiavo mai. Stavo ore a guardare i granellini di sabbia, gli infiniti colori, le conchiglie. Le rare ‘reginette’, quelle nere quasi una moneta di scambio. Facevo le piste sulla riva del mare, i castelli, le formine, la palla. Il bagno che ti facevano fare sempre troppo tardi ed era invece un divertimento meraviglioso. Il bagno con la burrasca. Il bagno con la pioggia. L’altalena. Le acrobazie sull’altalena.
Esiste ancora?
Ma perche’ se soffre se ne va alla spiaggia?
Io non ce la faccio piu’.