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La nostra storia deve fare sempre i conti con l’idea di memoria.
Storia e memoria sono due cose diverse così com’è diversa la storia propria da quella degli altri.
Ma allo stesso tempo è difficile separare il proprio segmento esistenziale dalla linea più lunga che chiamiamo Storia. Ed è ancora più arduo inserire quella piccola parte che è, ed è stata, la nostra vita in quel lungo tratto ove eravamo non nati e, nello stesso tempo, non possiamo fare a meno di sentire una fortissima prossimità , una spaesata vicinanza.
Chi è nato negli anni Cinquanta ha compreso la guerra e le sue tristi conseguenze solo da adulto, indagandone i resti, i racconti, le rimozioni eppure un soffio separa questa nascita dal fungo atomico, dai Campi e dai Forni.
Questa insensata vicinanza, che proietta il nuovo nato con la sua culla di cenere verso il futuro, ci rimane tuttavia attaccata e prima o poi esibirà una durata più omogenea perché il tempo, quanto più tenderà a dilatarsi, renderà quel trancio di vita breve, sempre più breve, sino a farci confondere storia e memoria.
All’insensatezza si accompagna la trasfigurazione, dovuta alla non simultaneità con i quali si vivono gli eventi, ma anche all’ignoranza, a quel vago sentito dire che rende mitico o idolatrico, nel bene come nel male, ogni cosa.
La canzone cantata da Maurizio Vandelli degli Equipe 84, Auschwitz, scritta, come io seppi più tardi, da Francesco Guccini, la si ascoltava al Juke-box al mare insieme a quelle dei Beatles, dei Dik-Dik, dei Nomadi, dei Rolling Stones.
Le parole di quella canzone rimasero per anni incomprensibili ed equivocate:
“Son morto ch’ero bambino
son morto con altri cento
passato per un camino
e ora sono nel vento.”
Mi sembrava che dal camino si entrasse, come la Befana, le Fate e gli gnomi e non riuscivo a spiegarmi come si “passasse†e “si fosse nel ventoâ€.
Ma il:
“Siamo a milioni
in polvere qui nel vento”
mi indicava chiaramente che si trattava di persone morte ma esse non rimandavano agli eventi di Auschwitz; non sapevo cosa fosse Auschwitz.
Un bel pezzo di conoscenza mancava e poi erano gli Equipe 84 a cantarla, non poteva essere così tremenda… al mare, mentre si prendeva il sole, in vacanza! Assurdo.
Eppure, la trasfigurazione che si attuava nella mia coscienza attraverso questa canzone fu autentica e necessaria, ci si avvicinava comunque al vero, come mi confermava la successiva conoscenza di adulto.
Chi è nato prima dei Cinquanta può trovare ricordi felici nel periodo fascista solo perché quelli erano gli anni della propria fanciulezza e solo un idiota può rigettare questa comprensibile, umana, verità , che comprende l’accettazione di una propria e irripetibile biografia.
Ma anche l’infanzia è irripetibile e sarebbe altrettanto da idioti rimanere inchiodati alla memoria, senza la rammemorazione e l’elaborazione dell’adulto.
Infanzia va custodita e protetta da una sentinella intelligente.
Probabilmente mai ci libereremo dal fraseggio tra storia e memoria ma con coraggio bisogna pur assaporare gli insani e ambigui piaceri del passato con gli occhi asciutti e secchi da ogni lacrima; con lucidità .