Il “locale” cresce, caratteri cubitali ci annunciano al mattino, in tempo di magra, che un ragazzo si è schiantato contro un albero con il motorino e si è ferito, un anziano, anzi un “vecchietto”, è stato scippato al mercato, una donna è scivolata e si è slogata la caviglia ma è stata soccorsa dall’assessore che passava lì per caso ed ha concesso una intervista molto ideologica poi smentita. Nei giorni grassi invece c’è, sempre al mercato, M (la sua ombra espressionista si proietta anche di giorno quando piove), è il MOSTRO, il pedofilo. Uomo apparentemente tranquillino, bastardo!. Le vendite al mercato hanno subito un rialzo. Quattro ragazzi sono morti, in un’altra provincia, strage del sabato sera, no, era venerdì, comunque un giorno prima, ci prendiamo anche l’altra provincia ma non lo diciamo nella locandina.
Bullismo, schiaffo a scuola, il fidanzatino geloso schiaffeggia il rivale (qui non esistono fidanzati ma solo fidanzatini, Erika-Omar docet). La cronaca locale si legge al bar (non al nostro Bar dello Sport) poi magari con la famigliola si decide se andare all’iper o nei luoghi di tali efferati delitti e catastrofi.
Il “locale” è diventato nazionale, nei TG si intervistano le persone comuni (cosa vuol dire comune?) e si chiede: come va il Natale? Benino, compriamo qualcosina. E per la cena di Capodanno? Compro questo e quell’altro. E a Pasqua? Poi ci si vede, ci si rivede con la telefonata dell’amico e del cuginetto; ti ho visto in TV!. Ci si rispecchia, dal locale al locale, tutti felici e contenti di farsi vedere per qualche secondo dal mondo piccolo piccolo tutto italiano, pigiamino e pigiamone, piumino e piumone, lettino e lettone, casina e villone, tenerino e tenerone, morbido e morbidone, sempre e costantemente fuori misura, antropologicamente fuori scala.