Pasolini e Pescara

Caro Antonio,
forse già lo conosci, ma ho trovato questo brano di Pasolini – tratto dal reportage dal titolo La lunga strada di sabbia, con fotografie di Paolo di Paolo, realizzato per il mensile «Successo» (diretto da Arturo Tofanelli), e pubblicato in Pier Paolo Pasolini, Romanzi e racconti 1946-1961, Milano, Mondadori, 1998. Ora, arricchito dagli originali (conservati dalla cugina Graziella Chiarcossi, e affidati alle cure di Philippe Séclier) che presentano brani inediti “tagliati” dalla rivista, è stato pubblicato in Pier Paolo Pasolini, La lunga strada di sabbia, fotografie di Philippe Séclier, Roma, Contrasto, 2005 (= La longue route de sable, Paris, Editions Xavier Barral, 2005).
Ti trascrivo la parte riguardante Pescara e Francavilla. Te la trascrivo direttamente dagli originali dattiloscritti da Pasolini stesso, con i lapsus della macchina da scrivere (infatti, nel testo trascritto nel volume, alle pp. 175 e 177 – curiosamente le pagine pari sono bianche – hanno fatto opera di correzione, anche se, poi, hanno scritto “abbruzzesi”!).
Un abbraccio e a presto!

Alberto Giorgio Cassani

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Pescara [cancellato: Francavilla], agosto [1959, nota mia]
Con Francavilla, cominciano le grandi spiagge adriatiche, una nuova civiltà balneare.
Come sempre esiste un modello, una forma prima, un archetipo, che si riproduce in mille varianti, restando sempre identico. Suppongo che tale “forma principe” siano Riccione o Rimini, la cui forza di riproduzione si è espanta [sic] fin qui, per volontà dei comuni interessati. C’è come un eccesso, una sproporzione, un salto improvviso tra quello ch’è stata la “spiaggia” per tutto il meridione, e queste prime spiagge abruzzesi. Io per me, sento di rientrare nel mondo delle mie abitudini, dei miei ricordi. Ma mi sento tuttavia con un piede su un livello, e con l’altro piede a un altro livello.
La notte di Francavilla – vista otticamente – ha tutti gli aspetti delle notti balneari che sappiamo: ma acostata [sic], approfondita, rivela questo doppio fondo. Sul lungomare notturno, ancira [sic] modesto, c’è un trattenimento danzante, con un Mike Buongiorno [sic] locale, che con distacco e facilità di parola che gli permettono di essere quasi offensivo, organizza al microfono non so che giuoco o gara. Intorno al locale all’aperto, si assiepano gli indigeni, in piedi, a gruppi pittoreschi, quasi tutti maschi. Le donne sono solo quelle piccole borghesi, che presto rincasano. Restano poi solo nella penombra blu-jeans, magliette, teste tosate col rasoio. Il dialetto è aspro, massiccio. Dopo l’una, l’una e mezza, restano, nella balera, solo i ricchi, i parlanti in lingua. Oziano fin tardi, poi salgono nelle automobili, col fiacco spirito del borghese quando fa il viveur. “Sono tutto bagnato!” fa un giovanotto, tutto fiero, evidentemente di essere stato preso a colpi di sifone da qualche altro viveur più allegro. “E noi no?” fanno, con fierezza più compressa, due tre ragazze rintanate già dentro la macchina e modicamente decise a andare a letto.
La dicotomia tra i due mondi è ancora forte. Nella forma archetipa di Francavilla, lassù nel Nord, questo non avviene certo.
Pescara è splendida. Credo sia l’unico caso di città, di vera e propria città, capoluogo di provincia ecc., che esiste totalmente in quanto città balneare. I pescaresi ne sono fieri. Giungo all’ora del tramonto, della grande, frenetica passeggiata prima di cena. Chiedo a un uomo anziano dov’è un albergo. Lui si fa in quattro, vuol salire sulla macchina, col figlio. per accompagnarmi. Mi dice subito: “Eh anche lei come tutti, vedrà! Quando uno viene una volta sulla spiaggia di Pescara, ci ritorna! Ecco, vede, adesso va fino in fondo a questa strada. Prima della rotonda, c’è un’aiuola, dove è segnata coi fiori la data di oggi” E’ commosso, di fronte a tanta grazia, a tanto lusso. Sì, infatti ecco lì dei fiori rossi e viola a segnare la data di oggi, uno dei grandi giorni dell’estate, della città.
Il lungomare è un fiume di gente, elegante, bella, abbronzata, massiccia. Afferro al volo, della fresi [sic], nel frastuono del passeggio. Ecco un romanetto tosato come Caligola: “…s’è fatta il padre, poi un fratello e poi gli altri tre fratelli…” E un veneto, in compagnia di amici e di ragazze: “Sapete perchè i galli quando cantano, tirano il collo?” E una signora, probabilmente milanese: “Non so, magari in America, in Australia…”
Ognuno porta la sua pietruzza alla [cancellato: gran] Torre di Babele, al grande fritto misto all’italiana.

pasolini foto

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